Brevi accenni sulla musica greca,
un rapporto personale
Un nostro
fratello maggiore, il noto compositore Bela Bartok, nel suo prezioso libro
frutto di una lunga ricerca personale e dedicato alla musica popolare scrive :
ogni brano di musica popolare è un piccolo capolavoro.
Ancora prima, siamo sul finire del 1800, un altro grande compositore, Leos
Janacek, vaga nella sua Boemia registrando canti popolare sui rulli di cera e
annota su pentagramma le linee sonore, linee che le voci della gente nei
mercati, campagna e strade disegnano come forme geometriche invisibili
nell’ambiente acustico. Una trasformazione, diremo oggi, immediata in cui il
suono delle voci ascoltato diventa linea essenziale di canto, frammenti di canto
disegnato con le note musicali sulla carta.
Non voglio assolutamente entrare nella tediosa disputa su cos'è la musica
popolare ieri e oggi e sul suo significato e funzione sociale. I due
compositori di prima, che ho preso a riferimento - poiché ancora molti altri si
sono prodigati in simili ricerche personali come il loro contemporaneo Favara -
ci suggeriscono una via di ricerca diversa, che senza tanti giri di parole
risulta essere quella della affettività. Risulta dal fatto che nel cercare le
radici musicali, le radici sonore della propria gente si cerca le emozioni, gli
affetti, appunto, che la musica come linguaggio preverbale contiene e che
comunica. Certamente discorsi enormi, quello del linguaggio musicale, degli
“affetti” in musica, del “senso” della musica. Forse occorrerebbe un corso di
studio a parte per almeno iniziare a orientarci su queste questioni che
riguardano il linguaggio e specialmente l’origine del linguaggio musicale, cosa
quest’ultima che è sempre stata elusa anche dalla musicologia più sensibile e
attenta.
Musica
popolare, ricerca di un’identità culturale nelle radici. Ricerca nelle radici
di un’espressione collettiva protetta dal manto sicuro di un anonimato che si
lascia riconoscere nella collettività stessa solo geograficamente definita.
Percorso a volte impervio e stretto tra uno Scilla e Cariddi in cui da una
parte si rischia di restare stritolati dalla violenza del pensiero che vede
nella conservazione delle tradizioni la validità della stessa identità e
dall’altra il perdersi drammaticamente nel gorgo soffocante per una ricerca di
libertà senza storia. La musica popolare è come la vitalità, da sola non basta
per essere autentici e autenticamente creativi, però senza si rischia
l’astrazione, l’astrazione non propriamente artistica, quella anaffettiva.
Come musica
popolare greca intendiamo l’espressione musicale dei greci dopo la formazione
della lingua neoellenica in poi e cioè durante e dopo il periodo bizantino.
Certamente questa musica costituisce una fisiologica continuità e sviluppo di
quella del periodo greco antico come risulta dalla similitudine dei modi
melodici e ritmici e cioè le scale antiche e i ritmi asimmetrici. In qualche
caso abbiamo degli esempi di canti e danze che i musicologi collocano senza
difficoltà in periodi della musica mediterranea dell’era preistorica. Sarebbe
stolto fanatismo se non riconoscessimo le influenze nella musica popolare greca
(anche in quella antica) della musica dei paesi contigui dato il continuo
scambio reciproco per mare e terra.
Alcuni dei canti popolari li possiamo datare con precisione poiché sono legati
ad avvenimenti storici precisi. Ad esempio gli Akrìtika (gesta di eroi e
guerrieri chiamati Akrìtes che vivono sulle montagne a difesa dei
confini) sono collocabili tra il 9° e 14° secolo e nella parte est di Bisanzio.
Canti e danze di montagna, delle isole, delle piane. Danze e canti d’amore,
trinodie in cui le prefiche, dirette discendenti del coro della tragedia
antica, cantano il dolore lacerante nelle veglie funebri. Danze e canti
dedicati a momenti grandi o piccoli di vita quotidiana : nascite, ninne-nanne,
canti infantili, filastrocche, ma anche di lavoro : canti di pesca, canti di
vendemmia e di raccolta, canti per la tessitura, canti per lo sposo e per la
sposa, canti per il pascolo, canti strazianti per chi emìgra in altre terre.
Canti con giochi di parole e canti allusivi e di seduzione.
I canti popolari greci sono sempre chiari nella loro costruzione melodica e
ritmica anche se a volte rasentano inquietanti asimmetrie come ad esempio i
canti dell’ Epìro e le polyritmie del Pòntos e sono prevalentemente ballabili.
La musica popolare greca è molto varia e complessa. Ogni regione ha
caratteristiche musicali diverse, talvolta molto diverse anche se la distanza
geografica è breve. E questo non solo è legato alla differenza degli strumenti
musicali che la caratterizzano ( il clarino nell’ Epiro, la lyra a Creta non
sono che dei piccoli esempi). Dalla intensa e polyrìtmica musica delle danze
del Pòntos, dai caratteristici lamenti funebri del nord Epiro e la loro cadenza
sdrucciola fino alla antichissima eterofonìa polyfònica dei canti dei paesi del
confine con la Macedonia, dai canti da tavola di Roùmeli e di Morèa oppure quel
affascinante e tenebroso grido che sono i canti di Traccia , dai canti epici e
solari dei Rizìtika di Creta fino ai canti d’amore e di seduzione
leggeri e realistici ma sempre poetici e delicati delle isole, tutti formano un
grande arcobaleno dalla sorprendente quantità di colori musicali fatti di voci
e affetti, di strumenti diversi e di grande varietà ritmica e melodica, e sono
riusciti a raggiungere un inequivocabile livello qualitativo affatto inferiore
alle altissime conquiste dell’espressione artistica nella storia millenaria del
popolo greco.
Il mio
personale e circoscritto contributo a questo affascinante progetto che vede
relazionati l’Italia attraverso la Sardenia e la Grecia si riallaccia
idealmente a quello che nelle prime righe qui sopra ho accennato. Il rapporto
libero e originale di un compositore con la musica della sua terra d’origine,
un rapporto affettivo. Come un ricercare in lontanissime memorie emotive create
in quel periodo in cui il rapporto primordiale proprio con il canto e le parole
affettive degli altri era senza mediazioni, quel periodo del nostro primo anno
di vita.
Ricreare una memoria vissuta e divenuta indefinita e proporla in musica non
come una riproduzione fonografica, un documento storico, ma fusa con la propria
creatività e rivolta verso l’ascoltatore.
La prima
composizione “Aus Griechenland” op. 159 ( dalla Grecia) con Sassofono soprano e
Quartetto d’archi si ispira ai tre modi caratteristici della musica popolare
greca che derivano rispettivamente dalla gente di montagna, delle pianure e
delle isole. L’altra composizione, un breve brano originale anch’esso e dal
ritmo allegro, sempre con l’organico di prima, “Zuki’s Dance” è ispirato ai
musici greci dell’ Asia minore, diretti discendenti dei greci di bisanzio che a
loro volta avevano accolto e tramandato la musica antica greca.
©
Dimitri Nicolau
Roma,
martedì 18 marzo 2003
Pubblicato nel programma di sala del concerto del 7 Maggio 2003 per i Concerti
della Roma Sinfonietta nell’ Auditorium della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’ Università di Roma Tor Vergata